Lo sviluppo dell’IA si è basato, finora, sullo sfruttamento di lavoratori e utenti in tutto il mondo, svolgendo quello che l’antropologa Mary L. Gray e lo scienziato sociale computazionale Siddharth Suri chiamano “ghost work”, il lavoro fantasma.
Questo termine si riferisce al lavoro umano spesso nascosto e scarsamente riconosciuto e utilizzato per sviluppare e mantenere l’automazione di siti web e applicazioni.
Il lavoro fantasma è caratterizzato da progetti o compiti a breve termine e su richiesta, svolti a livello globale da lavoratori precarizzati attraverso piattaforme come Amazon Mechanical Turk e aziende specializzate come Sama. Questi lavoratori, solitamente persone vulnerabili provenienti da Asia, America Latina e Africa, sono pagati meno di 2 dollari all’ora per generare ed etichettare i dati che addestrano i modelli di intelligenza artificiale. Inoltre, gli utenti che convalidano i risultati degli algoritmi o aiutano a perfezionare i sistemi lo fanno di solito gratuitamente.
Come sostiene Noopur Raval, dobbiamo chiederci come e per chi questo lavoro è invisibile e cosa succede quando i lavoratori vengono finalmente visti.
Alla luce di queste domande, l’articolo affronta tre strati sfumati di “invisibilità” che pervadono il lavoro sui dati: il lavoro non retribuito svolto dagli utenti, i lavoratori umani che fingono di essere sistemi di intelligenza artificiale e le diverse forme di sfruttamento delle comunità vulnerabili a livello globale.
Leggi l’articolo: Data Work and its Layers of (In)visibility
Foto di Ian Battaglia su Unsplash