Microsoft ha annunciato che sta collaborando con Paige per costruire il più grande modello di intelligenza artificiale al mondo basato su immagini per identificare il cancro.
Il modello di IA si sta allenando su una quantità di dati senza precedenti, che includono miliardi di immagini. Può identificare sia tumori comuni, che tumori rari, notoriamente difficili da diagnosticare, ed i ricercatori sperano che alla fine tutto questo possa aiutare i medici, che fronteggiano sempre più la carenza di personale parallelamente ad un crescente numero di casi tumorali.
Paige sviluppa soluzioni digitali basate sull’intelligenza artificiale per i patologi, ovvero quei medici che eseguono test di laboratorio su fluidi corporei e tessuti per fare diagnosi. È una specialità che spesso opera dietro le quinte ed è fondamentale per determinare il percorso terapeutico di un paziente.
Per diagnosticare il cancro, i patologi, di solito, esaminano un pezzo di tessuto su di un vetrino al microscopio. Il metodo è provato, ma se i patologi perdono parte del materiale, ciò può avere conseguenze disastrose per i pazienti.
Di conseguenza, Paige ha lavorato per digitalizzare il flusso di lavoro dei patologi per migliorarne l’accuratezza e l’efficienza, consentendo ai patologi stessi di esaminare le diapositive digitali scansionate su uno schermo, invece di fare affidamento al solo microscopio.
L’azienda ha ricevuto l’approvazione della Food and Drug Administration per il suo strumento di visualizzazione, tale FullFocus.
E poi al fine di espandere le sue operazioni, Paige si è rivolta a Microsoft ed ha utilizzato le sue infrastrutture di cloud storage e supercalcolo.
Così ora il modello ha la possibilità di allenarsi su 4 milioni di diapositive ed è il più grande modello di visione artificiale che sia mai stato annunciato pubblicamente.
In definitiva, questo nuovo modello di intelligenza artificiale vuole risolvere il problema di archiviazione per i sistemi sanitari, oltrechè che aiutare i patologi ad arrivare ad una diagnosi più rapidamente. Per alcuni pazienti, infatti, potrebbe fare la differenza aspettare due giorni o due settimane per scoprire cosa c’è che non va.
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Immagine di copertina via DuckDuckGo