Non a caso l’interazione tra religione e tecnologia risale a molti secoli fa. D’altronde l’identificazione medievale del progresso tecnologico con il progresso morale ha plasmato le generazioni successive di pensatori cristiani fino alla modernità.
Tuttavia la connessione individuata va molto più in profondità, e non vuole avere un significato “peggiorativo”.
Gli esperti in IA propongono di evitare la morte cerebrale caricando i pensieri su cloud, così da poterli far vivere digitalmente per tutta l’eternità. Parlano di IA come se fosse un agente decisionale che può giudicare con certezza matematica cosa sia giusto e cosa no. Ed immaginano che l’IA possa garantire la salvezza umana.
A ben vedere si tratta di visioni quasi identiche a quelle dell’escatologia cristiana, ovvero il ramo della teologia che si occupa della “fine dei tempi” o del destino dell’umanità.
Di base, c’è una spiegazione psicologica. Entrambi questi campi cercano una risposta alle principali ansie umane: la mortalità; la difficoltà di giudicare se si stia facendo del bene o del male; l’inconoscibilità del significato della vita e del posto ultimo in questo universo – o il prossimo.
I pensatori religiosi ed i pensatori dell’IA, allora, si sono semplicemente imbattuti in risposte simili alle domande che affliggono ogni essere umano.
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Silicon Valley’s vision for AI? It’s religion, repackaged – Vox
Immagine di copertina via DuckDuckGo