Il filosofo Massimo Cacciari si interroga su quale sia il fine del “sistema tecnico, produttivo, economico” nel creare sistemi di intelligenza artificiale. Non quello di liberare gli esseri umani dal “dover più soggiacere a qualsiasi forma di lavoro coatto, meccanico, ‘robotico’”, “da ogni forma di lavoro che non sia espressione del proprio essere un agente libero, causa di sé”.
Piuttosto il fine dei “profeti dell’AI” è creare degli schiavi che però non siano come quelli umani, che mantengono la potenzialità, come Spartacus, di ribellarsi per liberarsi e abbattere il padrone. Nel mondo che si vuole realizzare ogni intelligenza deve essere al servizio dell’indefinito sviluppo del sistema, senza il rischio connesso all’imprevedibilità dell’agire e dell’inventare umani.
Il dibattito sul lavoro e sull’AI nei parlamenti nazionali ed Europeo è molto lontano dal prendere in considerazione questa ipotesi. Mentre la battaglia del futuro dipenderà dall’esistenza di “un’azione politica, un’intelligenza politica capace di impadronirsi della potenza delle nuove tecnologie per la liberazione dell’umano”. Altrimenti si affermerà l’idea che la mente umana, con i suoi comportamenti non “calcolabili” sia “un ostacolo al pieno dispiegarsi delle ‘forze produttive’”.
PS riguardo invece all’affermazione del filosofo Cacciari “che importa se la macchina con cui parlo ha un cervello fatto di carne o no – sento quel che ha da dire e vedo che parla come una persona: mi dice di provare bisogni o desideri, scherza, ha paura, fornisce interpretazioni interessanti di opere letterarie, scrive anche bei sonetti. Il meccanismo causale che produce tutto ciò sarà anche diverso da quello con cui opera la mia mente, ma l’effetto è identico”: ricordiamo che tutto questo “vedere” sta nell’occhio di chi ascolta e non nella macchina. Il problema della coscienza è ancora molto lontano, considerato anche quanto poco ne sappiamo della coscienza e della “complessità neurobiologica del cervello”.
L’articolo completo lo trovate su La Stampa “Intelligenza artificiale, il sistema non la vuole libera e riflessiva come noi. Si cerca un mondo al servizio dell’indefinito sviluppo superando il rischio dell’imprevidibilità umana”