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L’AI vista a sud dell’occidente

Odanga Madung, giornalista e data scientist Keniota, sul Guardian ci offre una prospettiva non occidente-centrica sul dibattito in corso sull’AI.

Visto da paesi in cui l’impatto dell’AI si è fatto già sentire più in negativo che in positivo, appare paradossale che a stabilire quali siano i rischi dell’AI (come l’allarmismo sui rischi esistenziali portati dall’AI) siano le stesse persone che hanno già fatto danni politici con gli algoritmi AI usati dai social network e sociali con lo sfruttamento dei “controllori” del social e dei dataset per l’apprendimento automatico nei sistemi AI.

Nei prossimi mesi in 70 paesi verranno indette elezioni politiche, che coinvolgeranno 2 miliardi di persone per lo più nel sud del mondo. Quale sarà l’impatto dell’inquinamento informativo portato non solo più dai social e dalla piattaforme web statunitensi e cinesi ma anche dall’AI generativa?

L’autore ricorda come Twitter sia stato manipolato in Kenia da una vera e propria disinformazione industrializzata e lo stesso sia avvenuto in Nigeria. Assieme a TikTok sia diventato strumento per fomentare l’odio contro minoranze.
I regimi autoritari sfruttano l’odio e le emozioni per polarizzare la società, e i social sono perfettamente adatti a questo scopo per via dei loro algoritmi AI di personalizzazione dei contenuti. Non c’era bisogno di aspettare Sam Altman CEO, di OpenAI, nel suo tour per influenzare i policymaker per capire che l’AI è un pericolo per la democrazia: ma soprattutto l’isteria provocata dal focalizzarsi sui rischi esistenziali è sono un’arma di distrazione per non fare vedere i problemi già presenti. Ancora più evidenti nei paesi in via di sviluppo dove viene sfruttata la forza lavoro per ripulire i dataset di apprendimento dell’AI. In un proseguimento di un atteggiamento post-coloniale di sfruttamento ed estrazione delle risorse, senza le quali le piattaforme del web sarebbero inutilizzabili.

Per nascondere tutto questo Sam Altman vuole dettare l’agenda al regolatore, proponendo che le norme seguano le priorità date dalle corporation, anzichè quelle identificate da agenzie per la tutela dei consumatori o della data protection.

L’articolo si conclude con un appello agli osservatori e attivisti pro democrazia perchè l’AI non diventi un altro strumento per perpetuare le ingiustizie e disuguaglianze nei paesi in via di sviluppo.

Leggi l’articolo completo sul Guardian: AI hysteria is a distraction: algorithms already sow disinformation in Africa

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