Un libro di prossima pubblicazione, Blood in the Machine, sostiene che i sentimenti di ribellione contro le Big Tech non nascono dalla Silicon Valley, ma nelle zone rurali dell’Inghilterra di duecento anni fa, quando gli operai organizzarono incursioni di guerriglia e distrussero le macchine di proprietà dei ricchi.
Questi atti di sabotaggio miravano a colpire la produzione industriale. Le macchine in questione, come il telaio meccanico introdotto durante la rivoluzione industriale, venivano considerate una minaccia dai lavoratori salariati, in quanto responsabili dei bassi salari e della disoccupazione.
Dal 1812, quindi, dalla rivolta luddista, gli esperti si preoccupano della prospettiva di una disoccupazione di massa.
Oggi è l’intelligenza artificiale “generativa” a incutere timore nei cuori dei creativi di tutto il mondo.
L’articolo del Financial Times cita le parole di John Booth, un diciannovenne che si unì a un attacco luddista a una fabbrica tessile nell’aprile del 1812. Fu ferito, trattenuto e morì dopo essere stato presumibilmente torturato. I nuovi macchinari, sosteneva, “potrebbero essere la principale benedizione dell’uomo invece che la sua maledizione, se la società fosse costituita in modo diverso“.
In altre parole, il fatto che le nuove tecnologie aiutino i cittadini comuni dipende non solo dalla natura della tecnologia, ma anche dalla natura della società in cui tale tecnologia viene sviluppata e utilizzata.
Secondo i ricercatori Acemoglu e Johnson, il benessere su larga scala ci sta attualmente sfuggendo, proprio come sfuggì ai lavoratori della prima rivoluzione industriale.
Cosa serve? Politiche migliori: tasse e sussidi per favorire il giusto tipo di tecnologia; regolamenti per proteggere i diritti dei lavoratori; interventi dell’antitrust per smantellare i monopoli.
In assenza di tali condizioni, “il luddismo finì sul patibolo”. Fu un’occasione sprecata per riformare la società e offrire “la principale benedizione dell’uomo”, come aveva sperato Booth.
Se le ultime tecnologie sono davvero trasformative, avremo di nuovo un’occasione simile. Faremo meglio questa volta?
Estratto da: What neo-Luddites get right — and wrong — about Big Tech – Financial Times Leggi anche Sympathy for the Luddites – The New York Times