La comunicazione universitaria può essere considerata un’area particolare all’interno dell’area della comunicazione pubblica istituzionale: i suoi temi e le sue finalità, infatti, riguardano la collettività ed essa si relaziona con differenti pubblici, interni ed esterni ai confini nazionali. Ma la comunicazione universitaria è anche istituzionale in quanto promossa da un’istituzione, che soddisfa come tale le caratteristiche distintive della public sector communication: è inserita in un ambiente politico, che influisce su risorse, tempistiche e obiettivi – per quanto comunque risponda a una cultura del servizio, imparziale e inclusiva; deve essere trasparente; fa riferimento a una istituzione complessa; è soggetta a regolamentazioni; deve essere aperta all’ascolto per migliorare la propria legittimità; è difficilmente misurabile in termini di impatto, in quanto ha per oggetto non prodotti, ma servizi e può patire la lentezza della macchina amministrativa pubblica nel raggiungere i suoi obiettivi.
La comunicazione universitaria, però, è anche comunicazione sociale, nel suo far riferimento anche alle organizzazioni non-profit, e più in generale ad altre pubbliche amministrazioni (PPAA), e perché mette in campo una comunicazione volta non solo a informare, ma anche a sensibilizzare e a stimolare valori e comportamenti su tematiche socialmente rilevanti. Quindi essa è complessa e strategica, basata su imparzialità e inclusività e tesa a favorire la partecipazione democratica.
Tale definizione della comunicazione universitaria diventa ancora più pertinente con il rafforzamento e l’ampliamento dell’accesso all’istruzione terziaria, e con il passaggio dalla “società dell’informazione” – capace di raccogliere e analizzare le informazioni – all’affermarsi della cosiddetta “società della conoscenza”, in cui la corretta informazione è risorsa che concorre a garantire l’agire libero e responsabile degli individui di una società. In questa direzione, anche l’aumento considerevole di produzione e di diffusione di informazioni e di dati, frutto dell’innovazione tecnologia, e in particolare di Internet, non fa che sancire ulteriormente il diritto alla conoscenza, nella sua specifica dimensione di diritto di ogni cittadino a conoscere e a essere informato in quanto parte della comunità. Considerati tali presupposti, anche alle università è attribuita, dunque, insieme alle esigenze di razionalizzazione della spesa pubblica, anche la necessità di contribuire alla perfomance economica complessiva della società, direttamente correlata a un nuovo modo di produrre, trasmettere e promuovere la conoscenza, che tenga conto in primo luogo di principi quali l’integrazione, la transdisciplinarità, la trasparenza e la responsabilità. Questo è lo scenario in cui la comunicazione esterna delle università, finalizzata ad attrarre, va inserita, con una connotazione tipica del marketing, che ha in gran parte assorbito le attività di comunicazione delle università almeno negli ultimi decenni. Chi e cosa le università devono attrarre? Innanzitutto studenti, docenti, studiose e studiosi, ma anche risorse. Soprattutto in riferimento alla missione didattica, la crescita di competitività tra gli atenei, dovuta anche alla loro differenziazione con l’avvento della riforma dei curricula e l’introduzione del cosiddetto 3+2, ha confermato un repentino sviluppo di attività di marketing, e ora di digital marketing, prima estranee alle università, e finalizzate a trasmettere e promuovere quali siano i tratti caratterizzanti di ogni ateneo, integrando, nella gestione e promozione delle missioni che le sono proprie, l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT).
Il digital marketing, i media digitali attraverso i quali anche la comunicazione universitaria è effettuata – dai siti web, alle analisi dei dati su tali siti, alle e-mail, alle newsletter, e dai social media (a cominciare da Facebook, Youtube, Twitter e Linkedin, ma sperimentando ora presenze anche su Instagram, TikTok, Telegram, Spotify) al digital advertising (campagne social per esempio), e in generale la strategia di comunicazione, che identifica il target edefinisce gli obiettivi comunicativi di un ateneo, sono quindi anch’essi investiti dall’avvento dell’intelligenza artificiale (IA), con l’esplicita finalità di rendere maggiormente efficace la comunicazione prodotta.
In Italia, del resto, lo stesso “Programma strategico intelligenza artificiale 2022-2024”, che contiene le raccomandazioni per incrementare le competenze nell’ambito dell’IA e attrarre talenti, considerando l’IA un fattore centrale nella trasformazione digitale della nostra società, seppur ancora non pienamente sfruttato, inserisce per prima, tra le categorie di attori protagonisti di tale trasformazione, proprio la Comunità scientifica: ricercatori e ricercatrici del nostro Paese, attivi in tema di IA, università italiane, coi loro circa 200 curricula in IA, infrastrutture di ricerca di alto livello, e comunità e reti di ricerca internazionali sull’IA.
Nel campo della comunicazione, l’IA porterebbe, infatti, notevoli vantaggi sostanzialmente riferibili all’ottimizzazione dei tempi di lavoro, al conseguente risparmio dei costi e, a fronte di comandi (prompt) opportuni, anche maggiore accuratezza e personalizzazione di dati e informazioni, ma soprattutto la possibilità di stimolare e incrementare la creatività. Queste finalità si possono raggiungere attraverso diversi strumenti di IA, ormai già noti, da ChatGPT di Open.ai, a Copy.ai e Microsoft Copilot – per la generazione di contenuti testuali – ma anche Midjourney, DALL-e e Leonardo.ai per la comunicazione visiva. Tutti questi strumenti hanno in comune le modalità di dialogo con le persone che li utilizzano, in quanto elaborano risultati per comando testuale – il prompt – la stringa testuale che, ormai lo sappiamo, quanto più sarà completa e precisa, tanto più permetterà di ricevere un risultato ottimale e vicino alle nostre aspettative: per esempio in ottica SEO, se stiamo lavorando alla creazione di un sito web, in quanto l’IA conosce e genera anche i linguaggi di programmazione, ma anche in riferimento alla scelta di quale social media utilizzare se, previo lo studio delle buyer personas dell’università a cui stiamo facendo riferimento, sono emersi comportamenti ed esigenze informative specifiche, e non da ultimo, effettuando anche tale studio grazie all’analisi di grandi quantità di dati che si può compiere sempre utilizzando gli strumenti di IA.
In questo senso, proprio in riferimento ai nuovi media digitali, e ai social media in particolare, anche l’IA si inserisce in quello che è stato definito il nuovo modo di “fare comunicazione” per le PPAA – la cosiddetta “comunicazione pubblica 2.0” – che ha inaugurato una differente modalità di lavoro, passando dal metodo top-down – in cui per esempio la promozione di immagine delle università (e in generale delle PPAA) era gestita dall’alto e in modo autoreferenziale, a un approccio bottom-up che punta a porsi maggiormente in relazione dialogica con i propri destinatari, focalizzando strategicamente l’attenzione su un forte coinvolgimento sociale di questi ultimi, considerati a pieno titolo anche essi creatori di contenuti, di conoscenza e dunque di valore.
La sfida che vede protagonista, anche nelle università, l’interazione tra questo nuovo modo di creare contenuti da comunicare e l’uso dell’IA dovrà, però, misurarsi con quelli che sono già stati individuati come i fattori caratterizzanti della digital communication: l’essere basata su codici numerici che trasportano rapidamente immense quantità di informazioni; l’essere convergente, perché reperibile in un unico supporto, ma anche ipertestuale, interattiva e sociale, laddove gli utenti nell’ambiente digitale selezionano, modificano, producono e pubblicano contenuti online col fine di interagire direttamente con la loro università di riferimento.
Bibliografia
- ARVIDSSON A., DELFANTI A. (2013), Introduzione ai media digitali, Il Mulino, Bologna
- BOFFO S. (2003), La nuova comunicazione universitaria, Franco Angeli, Milano
- CANEL M.J., LUOMA-AHO V. (2019), Public Sector Communication: Closing Gaps Between Citizens and Public Organizations, John Wiley & Sons, Hoboken
- LOVARI A., DUCCI G., (2022), Comunicazione pubblica. Istituzioni, pratiche, piattaforme, Mondadori, Milano
- MANOVICH L. (2002), Il linguaggio dei nuovi media, trad. it. Olivares, Milano
- Media freedom, public trust and the people’s right to know (Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa di Strasburgo, 21 giugno 2021)
- Programma strategico intelligenza artificiale 2022-2024 (a cura del Ministero dell’Università e della Ricerca, del Ministero dello Sviluppo Economico e del Ministro per l’Innovazione tecnologica e la Transizione Digitale, Roma, 24 novembre 2021)
Immagine: Foto di Priscilla Du Preez 🇨🇦 su Unsplash